Una pietra tombale sul “campo largo”
L’ex premier non arretra sul veto a Renzi. Anche se neanche i contiani più stretti sapevano del suo strappo di martedì a Porta a Porta, dove ha detto “No” sempre e comunque al simbolo di Italia Viva e decretato: “Il campo largo non esiste più”. Il giorno dopo Giuseppe Conte, dopo aver consultato un po' di “gente che conta” nel partito, ha rilanciato: “Il Pd continua a prenderci in giro, ogni volta che gli poniamo il tema di Matteo Renzi ci invita ad abbassare i toni e a non fare polemiche, senza rispondere nel merito. In Liguria avevamo detto dall’inizio che non volevamo Iv”. Vuole andare dritto, l’ex premier, anche se ora in Emilia-Romagna si è creato un discreto pasticcio: il no al simbolo di Iv non trova la sponda del candidato dem, Michele De Pascale, uomo di Bonaccini ed ex zingarettiano di ferro. L'ex sindaco di Ravenna vuole, ostinatamente, i renziani con una loro lista. A quanto pare il movimento era stato chiaro in tempi non sospetti. I coordinatori regionali del M5S, Gabriele Lanzi e Marco Croatti, avevano sbarrato la strada al simbolo IV, anche se con aperture verso singoli candidati di quell'area in altre liste. Una situazione diversa da quella ligure dove il “niet” era anche sui singoli esponenti vivaci oltre che sulla lista. Certo è che gli strali davanti a Bruno Vespa hanno complicato tutto. L’espediente dei civici pare tramontato. Il Movimento potrebbe trovarsi anche costretto a correre da solo, rimanendo fuori da una eventuale giunta dem. Dai primi segnali, infatti, l'Alleanza Verdi Sinistra non sembra per nulla intenzionata a staccarsi dalla mammella del PD.
La solitudine è un prezzo che l’avvocato sembra disposto a pagare, innanzitutto per motivi interni. Guai a dare la sensazione di essere “un cespuglio del Pd” a poche settimane da una delicatissima assemblea costituente, con Beppe Grillo pronto a soffiare sul fuoco della discordia. I gruppi parlamentari appoggiano l'intransigenza di Conte. Anche i segnali dagli attivisti sono stati molto positivi. Scende in campo, dalla parte di “Giuseppi”, anche l'ex sindaco di Roma Virginia Raggi: “apprezzo le dichiarazioni sul campo largo, più che le formule e i temi contano sempre i programmi nell’interesse dei cittadini”. Ed ancora: “ci sono punti sui quali noi Cinque Stelle dobbiamo dettare l’agenda: guerra, reddito di cittadinanza, autonomia differenziata, ambiente, giustizia”.
Fin qui tutto lineare. Ma come non notare che anche Conte, per governare, ha bisogno comunque del PD? E il governo ai pentastellati piace, e piace molto. Tant'è che hanno governato sia con la destra, che con la sinistra che con il “commissario” Draghi. Il Pd, dal canto suo, per bocca di Elly in persona, preferisce parlare d'altro: “il vero avversario è Giorgia Meloni”.
Ieri alla Camera è stata depositata una proposta di legge sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Il testo unifica quelli presentati da Arturo Scotto (Pd), Giuseppe Conte (M5S) e Nicola Fratoianni (AVS). Non c'è stata neppure la convergenza minima per un comunicato stampa congiunto.
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