La parabola di Giorgia Meloni. Da orgogliosa “pesciarola” a unica vera donna forte del nostro tempo. Può non piacere, ma è così ...
MATTEO E LA BOLLA
Matteo Renzi ha detto, durante un’intervista a Repubblica, che Giorgia Meloni è una “bolla mediatica”. Tatticamente l’ex “senatore semplice” di Rignano è bravo. E’ versato nell’antica arte della guerra nei corridoi e sa contare decisamente bene (vedi caduta del governo Conte II). Strategicamente, però, lascia un po’ a desiderare. Vedi la gestione del “nuovo rinascimento” saudita e quella sua candidatura, vociferata, sussurrata coccolata, ben alimentata mediaticamente, come segretario generale dell’Alleanza Atlantica che, in verità, non è mai decollata.
Vedi, non ultimo, il “partito della doppia cifra” incollato tra il due e il tre per cento.
Come analista politico Matteo Renzi è un vero disastro. Ed il giudizio sulla Meloni ne è la prova lampante.
GIORGIA MODELLO DI EMPOWERMENT FEMMINILE
Giorgia Meloni avanza. Non solo nei sondaggi. Oggi la Meloni incarna, con sommo rincrescimento di tutto il femminismo militante italiano, la quintessenza dell’empowerment femminile. E’ l’unica donna a capo (sul serio e non come specchietto per le allodole) di un partito politico. Ha dimostrato tutte le sue capacità prendendo una sigla stanca e in via di estinzione, galvanizzandola e portandola alla ribalta nazionale. Dialoga, in via privilegiata, con Confindustria. Il suo motto “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana”, ripreso dall’universo dei social, l’ha resa una reginetta pop.
Nel centrodestra si è fatta rispettare da due campioni del machismo italiota, come Silvio Berlusconi e Matteo Salvini.
Giorgia Meloni batte la stanca e spenta Laura Boldrini per KO alla prima ripresa.
GIORGIA REGINA DI ROMA
Giorgia Meloni vince anche a Roma. Alla fine ha piegato Salvini ed ha imposto il suo candidato: Enrico Michetti. Certo la Lega avrà la seconda metà del tandem con la presenza, come vice sindaco, di Simonetta Matone. Ma il sindaco è pur sempre il sindaco.
Michetti non va sottovalutato. Di certo non è tra le duecento persone da conoscere per governare Roma, motto a suo tempo attribuito all'ineffabile Goffredo Bettini, non fa parte dei salotti letterari della capitale, né è ospite delle terrazze colte che ci ha consegnato “La grande bellezza”. Michetti è, per le élites e per la stampa, un perfetto sconosciuto se non un rozzo parvenu. Molto popolare ed amato, però, da chi è bloccato nel traffico capitolino: Michetti è infatti anche un popolare speaker radiofonico in onda sulle frequenze di Radio Radio, oltre ad essere conosciutissimo nel foro di Roma in quanto fondatore de “La gazzetta amministrativa”.
Di certo Michetti è uno che si sa muovere: empatico e simpatico come un vecchio democristiano di lungo corso, tant’è che il presidente Mattarella lo ha nominato Cavaliere al merito su proposta dell’allora premier Gentiloni.
Michetti però non ce l’avrebbe mai fatta ad emergere, a Roma, senza il placet ed il sostegno forte di Giorgia Meloni. Michetti è la Meloni.
LA SCONFITTA DI MATTEO SALVINI …
Giorgia ha anche giocato bene la partita della presidenza del COPASIR, dove è stato eletto il senatore Adolfo Urso, meloniano di ferro. Urso ha avuto a suo favore i voti di Fratelli d’Italia, Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Forza Italia ed Italia Viva. Assenti i rappresentanti della Lega, che è uscita sonoramente sconfitta dalla corsa alla presidenza dell’organismo.
… E DRAGHI GENTILUOMO
In ultimo, ma da non sottovalutare, l’incontro “galante” della Meloni con il Presidente del Consiglio Mario Draghi. A quanto pare si è trattato di un colloquio, a detta della Meloni "lungo e franco, nel quale FdI ha portato molte delle sue proposte. Il presidente Draghi è stato molto interessato e cordiale, spero in appuntamenti cadenzati per fare la nostra parte".
In altri termini Draghi riconosce l’opposizione “costruttiva” di Fratelli d'Italia che smette di essere un covo di appestati e rientra, con pieno diritto, nella dialettica politica. Draghi, che è uomo di economia, sa leggere bene i numeri. E sa che quelli dei meloniani sono robusti, sia nei sondaggi che nella loro capacità di penetrazione nel tessuto della società italiana.
Tenere ancora nel lazzaretto gli uomini e le donne della Meloni sarebbe stato un errore inaudito per un uomo della sua esperienza.
GALLINACCI E PARROCI DI PROVINCIA
Tutto questo può non piacere. E’ comprensibile. E non esiste persona più lontana di me dalle idee della Meloni. Ma la verità è che Giorgia ha il vento in poppa e, fino ad ora, ha sbagliato pochissimo. E’ oggettivamente “brava” e le sue capacità vengono esaltate dall’approssimazione sia dei suoi competitori/alleati che delle sinistre. Come detto Berlusconi e Salvini escono malconci dal confronto. Il fronte “liberale” vede due gallinacci impegnati a fare a borsettate. Il centro sinistra è fermo agli anni ‘90: vocazione maggioritaria del PD, Jus Soli, osservazione (mi raccomando, da lontano) delle "diseguaglianze" e l’interminabile ed inutile rito bizantino delle primarie.
IL LAPSUS FREUDIANO DI LETTA
"Salvini e Meloni non hanno già vinto le elezioni". Le parole di Letta (il giovane), segretario del PD, hanno il sapore del classico lapsus freudiano. Il segretario le ha pronunciate durante l'incontro via Facebook dedicato alla comunicazione politica ospitato dalla pagina di Rigenerazione democratica. Enrico Letta sa benissimo che la partita, a Roma, sarà durissima e che, probabilmente, il fine e dotto Gualtieri, per quanto amato dai salotti che contano ed ex onnipresente mascotte di Sky tg24, appare poco incisivo nel tessuto romano. Nicola Zingaretti sarebbe stato di gran lunga un candidato più competitivo, più rognoso (in senso buono), più vincente. Ma tant’è.
MARIO MICHELE PASCALE
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